In alto mare: che impatto hanno avuto I tassi sui prezzi delle azioni?

 

In alto mare: che impatto hanno avuto I tassi sui prezzi delle azioni?

disclaimer: Questo non rappresenta in alcun modo “advice” come definito dalle normative correnti.

A mio giudizio, c'è un po' di equivoco su quanto siano “robusti” I mercati azionari. Va detto che io parlo da persona che ha fatto tutti I vari mestieri dell'industria della finanza, da gestione azionaria ad obbligazionaria, ed ora consulenza indipendente.

Nello specifico, c'è un tipo di valutazione che ho usato ed uso, ovvero valutare gli andamenti degli indici a fronte dei rendimenti obbigazionari. Tenete conto che questa è una analisi “divulgativa” e semplificata, ma serve a chiarire secondo me alcune cose non così ovvie.

Questa analisi, in Europa, dà risultati interessante. I dati sottostanti sono di fonte Bloomberg LP, ma si trovano facilmente da altre fonti pubbliche su Internet per chi voglia replicare I risultati scrivendo I propri fogli di lavoro, e per farlo è sufficiente conoscere la funzione che calcola I rendimenti, presente in tutti i programmi di fogli di calcolo. Quindi, cominciamo!

C'è un gran parlare dell'impatto dell'inflazione sui risparmi, ma a mia opinione si è in larga misura trattato di una operazione che odorava di marketing strategico per convincere I risparmiatori a non tenere i soldi liquidi sul conto corrente. Ai fini pratici, I gestori finanziari come tutti fanno tutti I calcoli in termini di nominali non deflazionati. Inoltre, l'inflazione pubbicata è un “Letto di Procuste”: ciascuno di noi ha una PROPRIA inflazione, che dipende dal proprio individuale paniere di consumi nel tempo, livello di reddito, patrimonio etc. La banca centrale Tedesca calcolava DUE inflazioni al consumo, differenziate per due livelli sociali, in parte per dare maggiore informazione economica ma soprattutto con l'effetto di rendere I Tedeschi coscienti che non c'è UNA inflazione, calcolata da enti preposti, ma ci sono varie inflazioni diverse. In ogni caso, a differenza di tanto tempo fa, I governi ormai emettono titoli di debito indicizzati all'inflazione, cosa che quando iniziai ad esempio in Germania era vietata.

Quello che il pubblico non sembra percepire è la connessione tra livelli dei tassi di interesse a medio lungo termine ed i prezzi delle azioni. Questo non è un meccanismo automatico, ma non solo questa connessione esiste ma coinvolge anche le decisioni delle banche centrali negli ultimi due decenni.

Quando una persona normale che abbia un patrimonio finanziario da parte pensa a cosa farne, in concreto ha tre alternative: la cassa, le obbligazioni e le azioni. La prima alternativa è un pezzo vastamente sottovalutato dell'arsenale a disposizione dell'individuo (in larga misura perchè la cassa non genera flussi di commissioni per il sistema finanziario), ma questo richiederebbe un lavoro a parte. La seconda e la terza, in larga misura possono essere descritte in questo modo: l'investitore obbligazionario ha una idea abbastanza chiara su quanto sia il suo ritorno a scadenza, dato che il prezzo di ingresso è la sua principale leva. Certo, può decidere di vendere il titolo prima della scadenza, ma in ogni caso il suo “pilota automatico” funziona, fino a che l'emittente paga cedole e rimborso del capitale.

L'investitore azionario invece quella via d'uscita non ce l'ha e quindi consapevolmente o no ipotizza che ad una data futura, un altro investitore altrettanto informato e razionale sarà propenso a pagare di più per cio che lui ha comprato ora.

Va bene, ma QUANTO di più? A quello serve il confronto con le obbligazioni.

Immaginate due tipi in palestra, che parlino di investimenti. Il primo (l'uomo delle azioni) dice all'altro: “Hey, ho comprato questa azione e sono sicuro di fare il 15% !!”. A questo punto il secondo (il tipo delle obbligazioni) chiede “ Entro quando?”.

Il senso della domanda è questo: il tipo che compra l'azione può azzeccare la previsione, e tuttavia finire meno ricco del suo compagno di palestra. Immaginate che il secondo tizio si sia comprato una obbligazione a tre anni dello stesso emittente a 100, con cedola annua 6%. 6%+6%+6% = 18%, che è di più del 15% che è il profitto dell'appassionato delle azioni.

Ora, immaginate che l'appassionato di azioni lavori secondo questo metodo: ha una lista di investimenti da fare, con un massimo di 2% per posizione ed ordinati in modo decrescente da quello che rende di più a quello che rende di meno a tre anni.

Nell'esempio di prima, dopo aver parlato con il suo amico, metterebbe il 2% in ciascun investimento a partire dal più redditizio e si fermerebbe a quello che rendesse il 18,01%.... ed a quel punto si fermerebbe e comprerebbe obbligazioni, dato che non ha alcun senso prendersi rischi per fare di meno di cosa si può fare con certezza.

Ma cosa succede quando i tassi obbigazionari cambiano, e soprattutto quando scendono?

L'azionista imperterrito riaprirà il proprio foglio di calcolo... e comprerà ULTERIORI azioni di nuovo fino al punto in cui arrivi al nuovo, minore rendimento obbligazionario.

Questo è il punto in cui la mia strada si divide da quella delle analisi comuni nel mondo finanziario, tipo VAR o cose più esoteriche come indice di Sharpe (o Sortino, che è la versione giusta). Perchè nel mio piccolo mondo privato, voglio separare la quota di performance dovuta all'andamento dei tassi da quello che io chiamo performance azionaria corretta, che è depurata da quella causa. Ma come si può fare?

E' possibile. Come detto prima io ho scaricato i dati da Bloomberg, ma la maggior parte dei dati è disponibile da fonti pubbliche, come in questo caso1:


Questo è il grafico del rendimento del titolo di stato Tedesco a dieci anni,dalla fine degli anni 80 ad oggi. Questo è lo scivolo del giardino per bambini, che ha aiutato sia I governi a spendere senza dovere sopportare grandi costi per interessi, sia i gestori azionari ad apparire molto performanti. Prendiamo infatti l'indice azionario Tedesco DAX, che include anche I dividendi nell'andamento e quindi replica più da vicino cosa sarebbe successo ad un portafoglio di azioni Tedesche: Dax index

Ora abbiamo entrambe le classi di investimento, obbligazioni ed azioni: come possiamo fare un confronto razionale? La maniera semplice e fuorviante è di fare un confronto tra data finale ed iniziale, adoperando un foglio di calcolo per fare I conti, ed ipotizzando, dato che il periodo è di trent'anni, che I tassi su durate maggiori di dieci anni siano pari a quelli sul titolo a dieci anni: in quel caso, le azioni avrebbero fatto meglio delle obbligazioni, con un 7,2% all'anno contro un 6,7% di rendimento acquistabile ad inizio periodo, per uno scarto dello...0,5% annuo. I tassi decennali a fine di Gennaio 1989 eran al 6,72%, l'indice DAX a quella data era 1.312,73. A fine 2022 il Dax ha chiuso a 13.923,59, che facendo un po' di conti si traduce in un rendimento annuo composto del 7,2%.

Tuttavia, quanto di questa scommessa vincente è da attribuire agli andamenti societari, e quanto più semplicemente al calo dei tassi che ha dominato tre decenni di vita Europea? Quanto I tassi più bassi hanno reso investimenti che altrimenti sarebbero stati considerati non economicamente sostenibili storie borsistiche di successo, ed hanno reso ancor più cari quelli che erano già sostenibili prima?

Per cercare di approssimare quell'effetto, ho usato I rendimenti lordi a fine di ogni mese del titolo decennale tedesco per calcolare il prezzo ad ogni punto di un titolo a dieci anni con cedola zero e quel rendimento. Quindi per ogni fine mese ho calcolato un “deflatore”, come valore di quello zero coupon diviso per il valore iniziale.

Fatto questo, dividendo il DAX di fine mese per quel deflatore ho ottenuto un cosiddetto “Dax deflazionato” che è privo della spinta o del freno della concorrenza della variazione dei rendimenti obbligazionari.

Fatto questo si può tentare di rispondere a questa domanda: “Quanto la marea montante dei prezzi obbligazionari, in gran parte dovuta agli interventi delle banche centrali, ha spinto quell'indice oltre I livelli dove sarebbe andato in assenza di quello stimolo?”


Questo è il grafico del prezzo di quell'ipotetico titolo a dieci anni senza cedole. Come si può vedere, il prezzo è salito da poco più di 40 all'inizio degli anni novanta fino a OLTRE 100 nel periodo del “whatever it takes” e delle politiche di tassi negativi. Per essere più chiari, pensate a quella linea rossa come la Marea a Saint Malo in Francia: Certo, dalla barca vi sembra di essere saliti molto. Ma è un po' presto per richiedere di diritto il brevetto di volo.

Inoltre, come la marea, questo andamento non poteva superare certi livelli. Il prezzo di quello zero coupon ipotetico è salito di 50 punti in 30 anni. Ipotizzare che quello possa continuare in termini finanziari significa dire che tra trent'anni il risparmiatore medio sarà felice di pagare 150 EUR per averne 100 dopo dieci anni invece di ritirare i 150 EUR al Bancomat e metterli sotto il materasso. Diciamo che nel mio vocabolario quella è la definizione di “improbabile”.


In questo grafico, la linea rossa è il DAX come si trova sui giornali, mentre la line blu è il DAX depurato della parte dovuta al calo dei tassi, entrambi basati a 1.000 a fine Gennaio 1989. Un'altra considerazione interessante: se si guarda con la serie storica dei tassi a quelli che sarebbero i prezzi minimi e massimi dello zero coupon a dieci anni, escono questi dati:

Dal Settembre 1990 ad Agosto 2019, l'indice azionario ha avuto una performance di circa +800%. MA, lo stesso indice depurato della “marea” dei corsi obbligazionari ha reso circa il 250%, indicando che I due terzi della performance di quel periodo dell'indice azionario sarebbe in realtà ascrivibile all'andamento estremamente favorevole delle obbligazioni, tenendo oltretutto conto che mai nella storia dei tassi nominali si erano avuto valori negativi... e la storia dei tassi comincia con ghirigori su una tavoletta di terracotta in cuneiforme risalente ad oltre 4.000 anni fa. Onestamente, non so quanto di questo sia compreso dai risparmiatori, ma non ricordo di avere mai letto di questo da qualche altra parte... motivo per cui ho scritto questo pezzo.

Quindi quali sono le mie conclusioni?

La prima è: attenzione a tutte le analisi storiche sulle azioni che non indichino chiaramente cosa è successo sulle obbligazioni. Come ho già detto ritengo assolutamente improbabile che si veda un simile effetto marea in futuro. Non intendo con questo dire che tutta la discesa dei tassi venga ricuperata, solo che la spinta non è ripetibile dai livelli di inizio 2022.

La seconda è, e chiedo venia per la sicumera, che provo una certa inquietudine sull'affidabilità in tempi difficili della generazione attuale di attori finanziari. Chiunque abbia meno dei miei sessant'anni non ha mai gestito soldi in un periodo di tassi di interesse positivi e stabili, men che meno in periodi di tassi crescenti.... un evento assolutamente on improbabile.

Per chi fosse interessato nei fogli di calcolo e la metodologia, posso essere contattato via Twitter a  @Gbponz, o presso Tokos .

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